E Caterina mi chiede di svegliarla presto. Però lei odia svegliarsi presto.
Che tipo quando me lo domanda rimango un po’ basito, ma come tu ti svegli sempre con quell’aria da chi-ha-osato. E poi so che per lei è un periodo strano, voci di corridoio dicono che ha appena litigato con la sua amica, amica storica che noi per proteggerne l’identità chiameremo con un nome d’altri tempi, l’Adalgisa. Con tanto di articolo davanti come si usa qui nel bresciano.
Che tra l’altro mi sembra di ricordare un’Adalgisa coetanea e grande amica di mia nonna. Anzi forse ricordo proprio male, un’Adalgisa non c’è mai stata ma insomma, se avessi potuto scegliere un’amica per mia nonna, di quelle solide che ti fanno notare le tue debolezze ma con il giusto savoir-fare, avrei scelto un’Adalgisa.
E la debolezza di mia figlia, in questo caso, è di svegliarsi arrabbiata, gnecca come una biscia.
E a ‘sto giro mi chiede, papà svegliami alle sette. «Se arriviamo in ritardo la maestra ci fa saltare l’ora di ginnastica.»
«Ma che sei matta» rispondo. «Io ti sveglio alle sette e tu mi meni.»
No m’ha detto lei, #staisereno.
Insomma, mi faccio coraggio e la mattina dopo, non senza titubanza, alle sette precise le dico ehi.
Apre gli occhi, non replica, ma io sto comunque a debita distanza che si sa mai, teniamo d’occhio le vie di fuga.
Poi a un certo punto rompe il silenzio. «Bene. Così arrivo in orario.»
«Ottimo.»
«Pensa, papà: l’Adalgisa si sveglia addirittura alle sei.»
Per forza, mi verrebbe da dire. Con tutti gli anni che ha.
E invece piego su un innocuo: «Ah bene. Quindi avete fatto pace.»
Bam. Scende su mia figlia lo sguardo omicida delle sette del mattino.
«Papà!» urla. «E questa cosa qui perché la dici?!»
«Ma, ma…»
Si alza e mi tira un calcio dritto nella tibia.
Argh.
«Così impari!»
«Ma avevo capito che c’avevi litigato, con l’Adalgisa, volev—»
«Con l’Adalgisa va bene!»
«Ma son solo contento.»
«E allora ti vuoi fare gli AFFARI TUOI?!»
E per carità. Ci mancherebbe.
Io alle sette del mattino, cascasse il mondo, non la sveglio più.